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Molto illustre Sig.r fratello. Si mandano per il procaccio quattro uncie di reubarbaro[1], del meglio che si è potuto avere. Denari per ora non posso mandare, che non ne ho; ma fra quindici giorni avrò qualche cosa. V.S. scriva quello che gli è necessario, ma si restringa alla mera necessità.
Il Gran Duca mi rispose alla lettera che gli scrissi in raccomandazione di Pompilio di Eugenio Egidii, cortesissimamente dicendo che se bene la sentenza centra di lui transierat in rem iudicatam, tuttavia, per farmi piacere, aveva fatto un rescritto con la clausola nonostante, che è il più che si possa fare. Ora il cavalier Vinta segretario mi scrive l'allegata, dalla quale vedrà quanto si portino male i nostri paesani, che pare che burlino il principe e me.
Marcello Bellarmini mi scrive certe lettere tanto senza creanza che è vergogna che siano viste, perchè mi da del voi e sotto scrive "per servirla', e mi domanda ultimamente che gli rimetta cinquanta scudi in Perugia, che poi li renderà a V.S. così in Montepulciano, e li domanda come se io gli fossi obbligato. La penitenza che gli ho data è stata di non gli mandar niente. Altro non mi occorre. Di Roma, li 9 di giugno 1606.
Di V.S.
fratello aff.mo. il Card. Bellarmino.
Al molto illustre Signor fratello, il Sig.r Tommaso Bellarmini

Montepulciano.

  1. Rabarbaro.